Brillante, eclettica, attrice di talento che si ispira alle dive hollywoodiane e sostenitrice dei diritti delle donne, ma anche madre e moglie. Se pensate che non esista una persona del genere, non vi resta che leggere la nostra intervista a Giulia Di Quilio per scoprire il suo interessante mondo.
Ciao Giulia e benvenuta su Il Teatrante. Partiamo con una domanda semplice: come e quando è nata in te la passione per la recitazione? Ricordi un aneddoto in particolare?
Il primo ricordo che ho risale intorno ai miei sei anni, quando con il mio costume da Can-can del saggio di danza, interpretavo la storia della piccola fiammiferaia davanti ad un pubblico d’eccezione: i miei fratelli Giorgio e Francesca, due gemelli più piccoli di me. Mi piaceva molto portarli alla commozione e ho ricordi molto vividi di quei pomeriggi… loro si sedevano sulle scale di casa che fungevano perfettamente da spalti…
Parliamo dell’inizio della tua carriera: quali sono state le difficoltà più grandi che hai dovuto superare? Se potessi tornare indietro rifaresti qualcosa in modo diverso?
Io ho avuto un certo tipo di percorso…. un percorso che appartiene ormai ad un mondo che, per fortuna, non esiste più: parliamo di un’altra epoca vicina a noi, ma diversa. La bellezza è stata il discrimine, perché quando avevo sedici anni cominciai proprio con i famosi concorsi di bellezza… era la cosa più vicina al mondo dello spettacolo per una ragazza di provincia come me, con una famiglia umile e con una bassa istruzione. Ci ho messo tanto tempo a trovare una mia strada e una mia consapevolezza: mi mancavano gli strumenti e, quando sono arrivata a Roma, ero una ragazzotta di belle speranze ma senza riferimenti. Sono stati anni complessi, e i pregiudizi maschilisti del mondo dello spettacolo non hanno aiutato. Con il tempo ho trovato una mia identità che, con il burlesque, si è molto rafforzata. Lavorare mostrando il mio corpo, lavorare sull’espressione del mio erotismo, era qualcosa che mi aveva sempre affascinato e che non aveva trovato fino ad allora una via… ecco, l’incontro con il burlesque è stata la mia fortuna. Un ambito “libero” nel vero senso della parola, oltre che femminista. Ovviamente avrei potuto fare tutto in modo diverso, con la consapevolezza che ho adesso, ma la vita ti insegna chi sei solo facendoti passare attraverso le esperienze e, quindi, ci sono arrivata col tempo… il tempo che era necessario per me.
Sei un’artista eclettica, che ha avuto esperienze nel campo della moda e della pubblicità. Quanto pensi che sia importante la bellezza e dove invece può rappresentare un limite?
Quello che in America è un valore aggiunto, cioè la bellezza esteriore, in Italia è quasi un disvalore, o comunque qualcosa che viene visto con sospetto e timore, qualcosa che colpisce così intensamente che non lascia vedere oltre chi rimane così abbagliato. Avere a che fare con la bellezza spaventa uomini e donne, mette davanti a certe pulsioni difficili da dominare per un paese così poco evoluto come il nostro. C’è sempre il pregiudizio che ti rinchiude in un qualche stereotipo, quando si è esteticamente belli: lo vedo nei ruoli che mi propongono e succede anche alle mie colleghe. Così accade che le donne, per farsi prendere sul serio, debbano castigarsi o non valorizzarsi, cosa che io non sopporto e combatto creando da sola i miei spettacoli, così da poter esprimere e valorizzare la mia femminilità come piace a me.
Hai un modello di attrice che ha rappresentato la tua ispirazione?
Sì, mi ispiro costantemente alle dive della vecchia Hollywood come ad esempio Ava Gardner, Rita Hayworth, Marilyn Monroe e Katharine Hepburn… sono cresciuta ammirando la loro femminilità e bellezza straordinarie, unite al talento e alle fragilità. Nessuna più di loro è una continua fonte di ispirazione per me. Tra l’altro sono una sfegatata amante del vintage e certe mise mi fanno sognare…
Ripensando ai lavori – teatro, grande e piccolo schermo – a cui hai preso parte, ne ricordi qualcuno che ha rappresentato per te un’esperienza particolarmente importante?
Mi viene in mente un periodo in cui un lavoro mi ha portato all’altro…come in un flusso virtuoso…stavo in scena al Salone Margherita di Roma con uno spettacolo sul burlesque diretto da Gino Landi, una delle mie colleghe mi disse che aveva saputo che Sorrentino era alla ricerca di attrici per un nuovo film, così sollecitai il mio agente a propormi. Nel frattempo, cominciai le prove del Miles Gloriosus con Alvaro Piccardi e proprio in quei giorni fui chiamata al provino per Sorrentino e, raccontandogli che stavo lavorando con Alvaro, che lui aveva diretto come attore, si creò la giusta sinergia. Il resto è storia… fui presa per un piccolo ruolo nel film La Grande Bellezza, una pellicola che ha fatto epoca.
Sappiamo che di recente hai realizzato un calendario (di cui trovate alcune immagini nella galleria alla fine di questo articolo), puoi raccontarci qualcosa di questo progetto?
Questo progetto nasce dai miei quarant’anni (appena compiuti), con un messaggio ben preciso: a quarant’anni si è meglio che a venti!!! Il sentire comune vuole che si pensi a una donna nel meglio della propria età a venti anni, invece vi assicuro che il meglio lo diamo più avanti, quando la maturità dell’esperienza si sposa alla prestanza fisica. Per questo, per me, a quarant’anni, scegliere di fare un calendario significa sentirmi libera di liberare il corpo (scusate il bisticcio) con una consapevolezza nuova, mai sperimentata prima. Sembrerebbe una posizione femminista. E, in effetti, lo è. Non solo non me ne vergogno ma la rivendico appieno. E ad unire insieme due parole apparentemente distanti come “calendario” e “femminista” è proprio il corpo, sempre lui: il corpo come identità, come coscienza, come espressione di sé e anche come differenza. E questo calendario, allora, più che celebrare i miei primi quarant’anni, celebra il corpo: il mio e quello di ogni donna. L’ho ideato, “diretto”, prodotto e stampato da sola e ci ho messo dentro tutto quello che mi andava di metterci… 12 mesi, 12 fogli, 12 frammenti del mio mondo, delle mie passioni, dei miei gusti, della mia maniera di essere – e di sentirmi – femminile. C’è l’erotismo degli anni ’80 in cui sono cresciuta ma anche il mito di Hollywood che continua a farmi sognare. C’è un omaggio al cinema italiano ed un riferimento a quell’universo burlesque con cui flirto piacevolmente da ben dieci anni. E ancora: il verde del mio Abruzzo, un Natale in stile Betty Page, una suggestione alla Jane Russell, il gusto del vedo-non vedo e anche quello del vedo e basta. Ci sono io, insomma, contraddizioni comprese. E sempre io, e soltanto io, ho scelto cosa fare e come. Non per compiacere qualcuno. Ma soltanto per piacere. Prima di tutto a me stessa!
La continua esposizione ai social ha portato alla luce sempre più comportamenti discriminatori e negativi nei confronti delle donne e del come “dovrebbero mostrarsi”, vorremmo che ci raccontassi del tuo impegno nel condannare certi stereotipi, a favore della libertà femminile. Quale messaggio vuoi trasmettere alle donne?
Il 25 novembre, per la giornata mondiale contro la violenza sulle donne, ho creato una challenge con l’hashtag #intimatechallenge, alla quale hanno partecipato in molte, perché, dopo la scandalosa notizia del revenge porn di un fidanzato ai danni di una donna torinese, che per questo ha perso il lavoro da maestra, mi è sembrato doveroso ribadire che una donna è quasi sempre contestata: un riflesso radicato in quasi tutte le culture, profondamente sintomatico di una misoginia persistente praticamente ovunque. La sensazione, dopo quei fatti di cronaca, è che si continui a colpevolizzare il corpo delle donne e a voler decidere sulla nostra libertà di esporlo come più ci aggrada, come più ci corrisponde. Purtroppo, casi di questo genere sono all’ordine del giorno ed è recente la notizia di un’allenatrice di calcio licenziata per via delle sue foto su Instagram: ancora si vogliono ingabbiare le donne dentro stereotipi, mentre il messaggio deve essere che noi donne, come e più degli uomini, siamo molteplici, e non si può identificare una donna, o il suo valore, con gli interessi che coltiva o per il fatto che le piaccia mostrarsi e rappresentarsi. Il femminismo conviene a tutti, per una società più inclusiva.
Come riesci a conciliare la tua vita di attrice, mamma e moglie? Svelaci il tuo segreto.
L’analista (ride NdR)! Lei mi ricorda che non ci sono segreti, ma che si procede per tentativi ed errori! Probabilmente la parte positiva di non avere un lavoro “stabile” è proprio quello di avere lunghi periodi di tempo libero da dedicare alla famiglia e ai figli, ma andare in analisi mi ricorda anche quanto sia importante non trascurare nessuna parte di sé, perché ognuna reclama il suo spazio: la donna, la madre, la lavoratrice e la moglie. Ogni parte deve avere il giusto spazio, per stare in equilibrio, anche se questo richiede molta energia.
Che consigli daresti a una giovane attrice che sogna d’intraprendere questo mestiere?
Quello che ho imparato negli anni: puntare su noi stesse, senza farsi intimorire. Contare solo sulle proprie forze, e cioè fare da sole, crearsi un proprio spazio con le proprie idee. In questo i social aiutano parecchio.
L’attuale situazione pandemica pensi che potrebbe rappresentare un’occasione per rivedere a livello strutturale le condizioni degli artisti in Italia?
Sì, ho trovato interessante il ragionamento di Massimo Romeo Piparo che chiede al governo di parlare di strumenti fiscali per le imprese dello spettacolo, non semplicemente di aiuti e sostegni. Questa crisi dovrebbe rilanciare la ricostruzione di quella che è l’industria culturale del nostro paese.
Hai un progetto che ti piacerebbe realizzare nel prossimo futuro?
Ne ho sempre tanti in testa, la difficoltà sta più nel realizzarli! Lo scorso marzo avrei dovuto debuttare col mio monologo-spettacolo dal titolo: Un passato senza veli, le Grandi Dive del Burlesque. Abbiamo provato a rimandarlo al prossimo marzo, ma anche quest’anno la situazione è drammatica. Restiamo in attesa e speriamo di poter tornare presto in scena!
Grazie per esserti raccontata sulle pagine de Il Teatrante e ovviamente ti facciamo un grande in bocca al lupo per la tua carriera. Vuoi aggiungere qualcosa?
Voglio ringraziarvi per queste domande che mi hanno dato l’opportunità di parlare di temi a me cari, cosa non sempre scontata in un’intervista!