Immagine della recensione La sorpresa dell'amore

La Sorpresa dell’Amore – Recensione Teatro

in Teatro

Nell’ambito della rassegna Teatro a CieloAperto di Pacta dei Teatri vi presentiamo la nostra recensione dello spettacolo La sorpresa dell’amore di Pierre Carlet de Chamblain de Marivaux, interpretato da Federica D’Angelo, Maria Eugenia D’Aquino, Riccardo Magherini, Annig Raimondi e Antonio Rosti. La regia è firmata da Paolo Bignamini, e la produzione è a cura di Pacta dei Teatri in collaborazione con CTB Centro Teatrale Bresciano.

Marivaux ha un merito che questo spettacolo valorizza oltremodo, ossia quello di saper fondere il razionalissimo spirito di Descartes con l’irresistibile dionisicità fisica della commedia dell’arte. Usa il bon sense cartesiano con sillogistica determinazione, dimostrando quanto questo esercito intellettuale, apparentemente così ben equipaggiato, sia costretto ad una débacle fatale nei confronti del cuore e delle sue ragioni. Il regista Paolo Bignamini ha la capacità di mostrare scena dopo scena il linguaggio dell’inconscio, dell’altro, per scriverla alla Lacan, fatto di pause, esitazioni, cortocircuiti verbali, intenzioni devianti, boicottaggi e vere e proprie tecniche di guerriglia che i sentimenti operano nei confronti della perfetta macchina dei ragionamenti. Nell’epoca dei lumi, è un atto rivoluzionario quello di dimostrare, more geometrico, che la via razionale è destinata a subire una decisa deviazione in direzione della passione. E l’amore diventa davvero la sorpresa evocata dal titolo, coglie all’improvviso, spezza la causalità.

La converte in casualità, resa dal capriccioso dardo di Cupido. Il protagonista, il nobile Lelio che si è rifugiato in campagna, o meglio, nella felice intuizione scenografica, in una sorta di mondo lunare, di sospesa isola volante, qualcosa di simile alla Laputa dei viaggi di Gulliver, sospeso idealmente fra le nuvole della dialettica come il Socrate di Aristofane, è convinto di aver trovato una fortezza inespugnabile da parte dell’amore, ma sperimenta presto tutta la devastante potenza di questo sentimento. E a portare le sue convinzioni a terremotare è la presenza di una contessa, di una donna che sembra apparentemente fare il paio con Lelio, e che, lentamente ed inesorabilmente, rimane vittima, insieme al nobile, della forza gravitazionale dei sentimenti. E ha un bel da fare il ground control, evocato dalla canzone di Bowie, a cercare di comunicare con questo major Tom settecentesco, che si perde nel firmamento delle passioni.

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Ma la coppia si raddoppia nel gioco degli specchi marivaudiano e i rispettivi servitori dei due nobili, Arlecchino e Colombina, vivono lo stesso processo, declinato alle latitudini di un gioco di comicità che si lascia contaminare dalla commedia dell’arte. Anche in questo caso è stata felice la scelta di mettere a nudo le maschere, l’intuizione di far vivere pienamente la dialettica servo – padrone, con un occhio rivolto idealmente al testo marivaudiano dell’Isola degli schiavi; il contagio erotico prende entrambe le coppie, e non guarda alla differenza di classe o al livello di sottigliezza dei ragionamenti. Un altro personaggio femminile, alle dipendenze di Lelio, completa il ritratto dei personaggi: una promessa sposa, il cui travagliato matrimonio diventa galeotto tra i due nobili. Le luci accompagnano efficacemente i personaggi in questo mondo al di là della terra, raffigurata come una sfera appesa con cui verrebbe quasi voglia di giocare chaplinianamente.

Disegnano figure che potrebbero formare una tela di Kandinskij, o di Mirò. E disegnano due cerchi che, dal Caucaso brechtiano, si spostano alla Francia marivaudiana, e segnano il precario confine tra il razionale e l’irrazionale, tra la ragione ed il sentimento. Riccardo Magherini, nella parte di Lelio, riesce nella difficile impresa di mostrare il graduale creparsi della corazza razionale fatta di fonemi taglienti asciutti, veloci come rasoiate, passando ad una vocalità più leggera, volutamente timida, che deve prender il fiato per raccontare il suo cuore. La contessa, incarnata da Annig Raimondi, parallelamente riesce a mostrare a trasformazione stevensoniana di una virago dai fonemi agri, che sferzano come colpi di frusta, ad una donna che lascia che la sua laringe si contamini delle vibrazioni del cuore. Maria Eugenia D’Aquino è una Colombina travolgente, una Mirandolina ruzantiana, ha nel suo corredo genetico teatrale i geni del servus callidus, il servo astuto plautino.

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Antonio Rosti riesce a costruire un Arlecchino che porta in dote una caratteristica nuova che lo differenzia decisamente da quelli precedenti: la vulnerabilità, la paura, quell’anima più delicata, di junghiana memoria, che abita il suo carattere. Federica D’Angelo è una promessa sposa che porta in scena la danza recitativa della mediterraneità, è un vento che sferza la scena e che ha idealmente il sapore di salsedine, è l’incarnazione della tentazione di Dioniso, o meglio della Baccante. Lo spettacolo si muove con agilità di scena in scena, mostrando, mossa dopo mossa, ragionamento dopo ragionamento, battuta dopo battuta, lo scacco matto della ragione  che non riesce ad isolarsi nel ridotto di resistenza di se stessa, pena l’annichilimento. Sono bravi tutti gli interpreti a cadere l’uno dopo l’altra nella trappola, ad uscire dal cerchio della propria solitudine. Il cuore ha il suo pascaliano riscatto in questo lavoro.

Ritorna ad essere, come accadeva nell’antichità, la sede dei pensieri, e dunque di una coscienza che agisce sui personaggi come una divinità, in grado di portarli laddove non volevano andare, ossia verso la sorpresa del’amore. La messa in scena ha la fascinazione geometrica della forma di un cristallo di neve. E il meccanismo teatrale funziona come un perfetto orologio di precisione, a cui gli interpreti danno la giusta carica. Si muovono con la perfezione lineare delle biglie colpite dalla stecca di un bravo giocatore, e non perdono un appuntamento comico o l’occasione di mostrare il desiderio inconscio che abita i personaggi. Il generoso capitale di applausi, e le conseguenti ripetute uscite degli interpreti, alla fine dello spettacolo, testimoniano quanto questo lavoro, che rappresenta una prima assoluta in Italia, la traduzione italiana, infatti, sarà pubblicata a breve, riesca a conquistare efficacemente la mente ed i cuori degli spettatori.

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